Il moderno settore del videogioco è un mercato dai numeri importantissimi, sia in valore assoluto che in termini economici.
I più importanti tornei di videogames mettono in palio montepremi milionari, con il record fatto segnare nel 2021 con un totale di oltre 40 milioni di dollari in premi; in Italia ci sono oltre 16 milioni di videogiocatori, circa il 38% della popolazione totale; in tutto il mondo, invece, si sono superati i tre miliardi di videogiocatori, con un trend che prospetta un aumento di oltre 200 milioni su scala globale entro il 2024.
Larga parte del videogaming si svolge, per un motivo o per l’altro, online: i giochi si acquistano in rete direttamente in formato digitale, si scaricano sul proprio dispositivo e, in misura più o meno incisiva, le funzionalità online sono onnipresenti anche nel gameplay. Uno sviluppo tanto frenetico, e a tal punto rilevante, non poteva che andare di pari passo con l’introduzione di tecnologie apposite: queste da un lato hanno stimolato la crescita del gaming online, mentre dall’altro sono state da questo rese necessarie. In un senso o nell’altro, insomma, la crescita del gaming online è legata a doppio filo allo sviluppo di tecnologie che lo rendono ciò che oggi conosciamo.
Si può per esempio pensare al matchmaking. Il significato letterale, “creazione della partita”, può rendere l’idea del suo ruolo, ma non in maniera esaustiva. Si tratta infatti di un momento che etichetta diverse operazioni che il videogioco svolge online per permettere al videogiocatore di entrare in una partita: a un semplice input dell’utente, in altre parole, il videogioco avvia una serie di processi che si concluderanno con la partecipazione a una partita. Ciò che è interessante, piuttosto, è comprendere quali siano questi processi: ci sono diverse tipologie di matchmaking, e il loro funzionamento risponde a diverse logiche. Per esempio, si può pensare al matchmaking per zona geografica: il videogioco cercherà una partita ospitata su server geograficamente vicini. Questo al fine di ottimizzare le prestazioni: maggiori distanze equivalgono a peggiori tempi di risposta, con ovvie conseguenze nel gameplay. Un altro tipo di matchmaking è quello per abilità: il videogioco cercherà una partita contro avversari dal livello di abilità paragonabile a quello del videogiocatore. Utilizzato soprattutto in caso di titoli competitivi, un matchmaking di questo tipo eviterà al videogiocatore di trovarsi in competizione con avversari più esperti di lui, cosa che potrebbe rappresentare un ostacolo frustrante.
Altra tecnologia che trova larga applicazione è rappresentata dagli algoritmi RNG, acronimo che indica dei generatori di numeri casuali. Si tratta di programmi in grado, tramite diversi accorgimenti, di generare a ogni interazione un numero totalmente casuale: su questo vengono basati eventi che devono essere imprevedibili. Se questi fossero impostati dal codice sorgente del programma, infatti, la casualità non potrebbe esistere in digitale: basterebbe eseguire una volta il codice e si conoscerebbe in anticipo qualsiasi risultato. Si tratta, intuitivamente, dell’unico modo per permettere una proposizione videoludica di giochi legati alla casualità. È il caso delle slot machine, uno dei più noti protagonisti del casinò: se in origine le sofisticate meccaniche delle slot machine facevano sì che la casualità risiedesse nell’imprevedibile inerzia dei rulli, destinati a fermarsi mostrando simboli casuali, tale aspetto è digitalmente ricreato appoggiandosi all’unico modo in grado di garantirlo con affidabilità, ossia sfruttando appositi algoritmi. Basti poi pensare ad altri videogiochi con azioni o mosse caratterizzate da una determinata percentuale di successo: per decidere se, data la percentuale, l’azione andrà a buon fine o meno, non c’è altro modo che affidarsi a un generatore casuale di numeri.
Merita infine menzione lo streaming, e nello specifico la sua applicazione al cloud gaming: si tratta fondamentalmente di giocare in streaming. I titoli sono installati su un dispositivo in remoto: questo riceve gli input forniti dal videogiocatore, tramite apposito controller o tastiera per smart tv, e li riproduce nel gioco, trasmettendo in streaming il gameplay. Il vantaggio più importante è anche il più evidente: il cloud gaming permette di giocare a qualsiasi gioco, anche il più recente, persino su un semplicissimo smartphone. Questo infatti è solo il dispositivo di arrivo dello streaming, e le sue specifiche tecniche risultano totalmente ininfluenti: l’unica cosa necessaria è poter disporre di una sufficiente larghezza di banda. Nonostante la recente chiusura di Google Stadia, uno dei progetti apripista in questo campo, rimangono operativi i servizi GeForce Now di Nvidia, l’Xbox Game Pass Ultimate e il PlayStation Plus Premium, testimoniando come il cloud gaming rappresenti una tecnologia valida sulla quale si continua a investire con estrema convinzione.